giovedì 16 maggio 2013

Viaggi e formaggi

Stralci n.3




"Passammo al problema alimentare. George disse: - Per cominciare, la prima colazione. - (George è un uomo pratico.) - Per la prima colazione ci vorrà una padella... (Harris disse ch'è indigesta; ma noi lo invitammo a non fare l'idiota, e George proseguì) - ...una teiera, un bricco, e un fornelletto a spirito. 
- Niente petrolio, - disse George, con un'occhiata significativa; Harris ed io approvammo. 
Ci eravamo portati un fornello a petrolio, una volta ma "mai più". 
Per tutta quella settimana s'era vissuti come in una raffineria.
Trasudava. Non ho mai visto niente di simile al petrolio, per trasudare. Lo tenevamo a prua della barca e, di lì, trasudava fino al timone, impregnando la barca intera e, al passaggio, ogni cosa ch'essa conteneva, trasudava sul fiume, saturava il paesaggio, inquinava l'atmosfera. A volte soffiava un ponente al petrolio, altre volte un levante al petrolio, e talora una tramontana al petrolio o magari uno scirocco al petrolio; ma, che il vento venisse dalle nevi dell'Artide, o si fosse levato dalla desolazione sabbiosa del deserto, giungeva a noi carico della fragranza di petrolio E quel petrolio trasudava rovinando il tramonto; quanto ai raggi di luna puzzavano proprio di petrolio. 
A Marlow, cercammo di allontanarcene. Lasciata la barca vicino al ponte, traversammo la città a piedi per sfuggirgli, ma ci seguiva. 
Era piena di petrolio la città intera. Passammo attraverso il cimitero della chiesa, e pareva che avessero sepolto la gente nella nafta. La via principale era fetida di petrolio; ci meravigliammo che la gente potesse viverci. E percorremmo miglia e miglia sulla strada di Birmingham; ma fu inutile, la campagna era a mollo nel petrolio. 
Sacramentavamo a quel proposito nel solito modo borghese, ma quella fu una faccenda grossa, un voto tremendo, dicevo, giurando di non portare più petrolio in barca con noi eccetto, s'intende, in caso di malattia. 
Perciò, nell'attuale circostanza, ci attenemmo all'alcool denaturato. Abbastanza esiziale anch'esso. Si mangia focaccia all'alcool denaturato, e pandolce all'alcool denaturato. Ma l'alcool denaturato è più sano del petrolio, se l'organismo deve assorbirlo in dosi massicce. 
Come altri ingredienti della prima colazione George propose le uova e il lardo che sono facili da cucinarsi, la carne fredda, il tè, il pane e il burro, e la marmellata - ma niente formaggio. 
Come il petrolio, è troppo invadente. Vuole l'intera barca per sé. 
Si spande nella cesta e attacca il suo sapore a tutto il resto. 
Non si capisce più se si mangia crostata di pesce, o salsicce viennesi, o fragole alla panna. Sembra tutto formaggio. Profuma troppo, il formaggio. 
Ricordo che un amico comperò due forme di formaggio a Liverpool. 
Erano due bellissimi pezzi di cacio tenero e maturo e con un odore della forza di cento cavalli vapore che garantisco si sentiva a tre miglia di distanza e che a duecento metri avrebbe fulminato un uomo. Mi trovavo anch'io a Liverpool e il mio amico mi disse che siccome lui non poteva lasciare la città prima di un paio di giorni, sarei stato molto gentile se glielo avessi portato io a Londra perché altrimenti si sarebbe guastato. 
- Naturalmente, con piacere, - risposi io, - con piacere. 
Andai a prendere i due formaggi e me li portai in una carrozza. Ma che carrozza! Era uno scatolone sgangherato trascinato da un bucefalo sonnambulo bolso e dinoccolato al quale il suo padrone, in un momento di entusiasmo, durante la conversazione, diede il nome di cavallo. Collocai i formaggi sul mantice della carrozza e partimmo arrancando in una maniera che avrebbe fatto credito al più lento compressore stradale a vapore che sia mai stato costruito, e tutto andò a un ritmo allegro come una campana a morto finché non girammo l'angolo della strada. Arrivati lì il vento portò una zaffata di formaggio al nostro bucefalo il quale ne fu risvegliato e con un nitrito di terrore si buttò alla velocità di tre miglia all'ora. Il vento tirava sempre nella sua direzione e prima che fossimo arrivati alla fine della strada, il destriero correva quasi a quattro miglia all'ora "seminando" per strada gli sciancati e le vecchie grasse. 
Quando arrivammo alla stazione ci vollero due facchini, oltre al vetturino, per tenere il quadrupede e forse non ci sarebbero riusciti neppure così se qualcuno non avesse avuto la presenza di spirito di mettergli un fazzoletto sul naso e di bruciare della cartaccia per far fumo. 
Feci il biglietto e percorsi orgogliosamente la banchina, con i miei formaggi, tra due ali di gente che faceva largo al mio passaggio. Il treno era affollato e dovetti entrare in uno scompartimento occupato già da sette persone. Un vecchio bilioso protestò ma io entrai ugualmente e, messi i formaggi sul portabagagli, mi sedetti nel posto vuoto sorridendo affabilmente e dissi che faceva molto caldo. Passò qualche minuto e subito il vecchio cominciò ad agitarsi e a dire: 
- Troppa aria di chiuso, qua dentro. 
- Opprimente davvero, - disse il viaggiatore seduto vicino a lui. 
Cominciarono ad annusare tutti e due e alla terza annusata il profumo riempì i loro polmoni sicché si alzarono senza far motto e se ne uscirono. Si alzò subito anche una robusta donna dicendo quanto fosse indegno che una rispettabile signora sposata avesse da esser maltrattata a quel modo; raccolse il suo sacco da viaggio e otto pacchi e se ne andò. I quattro viaggiatori superstiti rimasero seduti per un certo tempo, fino a che un signore dall'aria solenne che ora stava solo in un angolo e che dall'abito e dall'aspetto generale sembrava appartenere alla corporazione degli impresari di pompe funebri, precisò che quell'odore gli faceva pensare al cadavere di un bambino; gli altri tre cercarono di uscire allo stesso tempo e si scontrarono sulla porta. 
Io feci un sorriso di risposta al signore in nero e gli dissi che, a quanto pareva, avremmo avuto lo scompartimento tutto per noi; egli rise amabilmente e disse che c'è della gente che fa un sacco di storie per una cosetta da nulla. Ma anche lui, dopo che il treno si mise in moto, cominciò a fare una strana cera e perciò arrivati che fummo a Crewe lo invitai a bere un bicchierino. 
Accettò e a forza di spintoni scendemmo al bar ove dovemmo gridare, pestare i piedi e agitare gli ombrelli perché una ragazza si avvicinasse e ci chiedesse che cosa volevamo. 
- Lei che cosa prende? - dissi rivolgendomi al mio amico. 
- Mezza corona di cognac, signorina, - rispose egli, rivolgendosi alla ragazza al banco. - Liscio, per favore. 
E, avendolo bevuto, uscì in silenzio e salì in un altro scompartimento, cosa che mi parve meschina, da parte sua.
Da Crewe in poi, nonostante l'affollamento, ebbi lo scompartimento tutto per me. Quando ci fermavamo alla stazione, la gente, vedendo il mio scompartimento vuoto, si precipitava. 
- Qui, Maria, vieni, qui c'è molto posto. 
- Eccomi, Tom, entriamo qui, - gridavano. E arrivavano carichi di bagagli pesanti e lottando sulla porta per passare per primi. Uno apriva lo sportello, saliva sul predellino, vacillava e cadeva fra le braccia di quello che gli veniva dietro; salivano tutti, annusavano e scappavano per andarsi a pigiare in un altro scompartimento o magari pagavano la differenza e passavano in prima classe. 
Scesi alla stazione di Euston e andai difilato a portare i due formaggi a casa del mio amico. Quando la signora entrò nella stanza annusò un poco e poi disse: 
- Che cosa è? mi dica la verità, tutta la verità. 
- Formaggi, - risposi. - Tom li ha comperati a Liverpool e mi ha chiesto il favore di portarglieli. 
Aggiunsi che mi auguravo comprendesse che io ero perfettamente estraneo alla faccenda e lei disse che non ne dubitava affatto ma che Tom, al ritorno, l'avrebbe sentita. 
Il mio amico fu trattenuto a Liverpool più a lungo di quanto avesse pensato e siccome dopo tre giorni non aveva ancora fatto ritorno a casa, la moglie venne da me. 
- Che cosa le disse Tom circa quei formaggi? - mi chiese. 
Risposi che egli mi aveva spiegato che dovevano essere tenuti in luogo umido e che nessuno li doveva toccare. 
Lei disse: - Oh! non c'è pericolo... nessuno li toccherà. Ma lui, li ha fiutati? 
Credevo di sì e aggiunsi che avevo avuto l'impressione che a quei formaggi ci tenesse molto. 
- Crede che andrebbe in collera, - chiese lei, - se regalassi una sterlina a qualcuno per farli portar via e interrarli? 
Risposi che suo marito se la sarebbe presa per tutta la vita. 
Allora lei ebbe un'idea e disse:- Le dispiacerebbe di conservarglieli lei stesso? Glieli mando qui. 
- Signora, - risposi io, - se fosse per me... a me l'odore del formaggio piace e il viaggio che feci con essi l'altro giorno da Liverpool lo ricorderò sempre come il bellissimo coronamento di una piacevole vacanza. Ma, a questo mondo, occorre tener presente anche gli altri. La donna sotto il cui tetto ho l'onore di abitare è una vedova, e, a quanto pare, è anche orfana. Essa ha la mania tremenda, direi eloquente, che tutti vogliano, come dice lei, abusare in casa sua. La presenza dei formaggi di vostro marito, la farebbe istintivamente pensare che io abuso e io non permetterò mai che si dica che io abuso di una vedova e per di più orfana. 
- Benissimo, allora, - disse la moglie del mio amico alzandosi, - posso solo dire che me ne andrò all'albergo con i bambini e vi resterò fino a che quei formaggi non saranno stati mangiati. Mi rifiuto di vivere nella medesima casa con essi. 
E mantenne la parola, affidando la casa alla donna a ore la quale, quando le chiesero se poteva sopportare quell'odore, rispose: - Quale odore? - e quando le fecero prendere i formaggi e glieli fecero annusare forte disse di sentire un lieve profumo di melone. 
Era chiaro che quell'atmosfera non poteva nuocere alla donna e la lasciarono lì. 
Il conto dell'albergo salì a quindici sterline e il mio amico, dopo aver fatto i calcoli, vide che quei formaggi gli erano venuti a costare otto scellini e mezzo alla libbra. Disse che gli piaceva mangiare ogni giorno un pezzettino di formaggio, ma che il prezzo di quello non se lo poteva permettere e perciò decise di sbarazzarsene. Li prese e li gettò nel canale; ma fu obbligato a ripescarli perché gli uomini delle chiatte protestarono. Dissero che quel puzzo li faceva svenire. Ed allora in una notte oscura prese le due forme e le andò a deporre nella camera mortuaria della parrocchia. Ma il custode li scoprì e sollevò una cagnara spaventosa. Disse che quello era stato un complotto per togliergli il pane dalla bocca risvegliando i cadaveri. 
Alla fine, il mio amico se ne liberò portandoli in una città di mare ove li seppellì sulla spiaggia. Ciò procurò a quel luogo gran fama. I villeggianti dissero che non s'erano accorti, prima, dell'aria frizzante che c'era; e da allora, per molti anni, gli ammalati di petto vi affluirono in folla. 
Ritenni perciò che George aveva ragione rifiutandosi di portare formaggio con noi. 
- Non ci sarà l'ora del tè, - disse George (a questo punto Harris fece il viso lungo); - invece, alle sette faremo un bel pasto unico, forte e sostanzioso; tè, pranzo e cena tutto insieme. 
Harris divenne più allegro. George propose crostata di frutta e carne, carne fredda, patate, frutta e legumi. Come bevande optammo per una magnifica miscela allappante di Harris che si mischiava con l'acqua e che egli chiamava limonata, poi molto tè e una bottiglia di whisky, per il caso, come diceva George, che dovessimo capovolgerci. 
Ebbi l'impressione che George battesse un po' troppo sul tasto del capovolgimento. Mi pareva che non fosse quello lo stato d'animo più adatto per intraprendere quel viaggio. 
Ma sono lieto che si sia portato il whisky. 
Non portammo invece vino né birra. Sono un errore, risalendo il fiume. Ti danno sonnolenza e pesantezza. Un bicchiere la sera quando vai a zonzo in città va benissimo, ma non berne mai quando il sole ti batte in testa e devi lavorar duro. 
Facemmo l'elenco delle cose che dovevamo portarci e prima che ci separassimo, quella sera, era diventato molto lungo. Il giorno dopo, venerdì, raccogliemmo tutto e alla sera ci riunimmo per fare i bagagli. Per il vestiario prendemmo un grosso valigione e per le vettovaglie e gli utensili di cucina un paio di ceste. Accostammo il tavolo contro la parete, ammucchiammo tutto in mezzo alla stanza e ci sedemmo attorno in ammirazione. 
Dissi che i bagagli li avrei fatti io...."
In: Jerome K. Jerome, Three Men in a Boat (To Say Nothing of the Dog), 1889, Tre uomini in barca (per tacer del cane), capitolo IV.

2 commenti:

elisa ha detto...

quel libro costituisce praticamente il mio imprinting per quanto riguarda il senso dell'umorismo, persino il mio modo di esprimermi...non sarei me stessa senza! il brano del formaggio è tra i miei favoriti lo trovo irresistibile! e ogni traduzione diversa che leggo ha i suoi nuovi lati esilaranti! grazie vale!

la cuoca cialtrona ha detto...

Grazie a te per il suggerimento...certo, la traduzione non è forse tra le più riuscite, ma è quella più moderna che ho trovato in rete...

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