venerdì 10 febbraio 2012

Polentologia 3 - del Baccalà

Polenta bianca con baccalà alla Vicentina




Per gravi motivi tecnici, pubblico in ritardo sui tempi previsti questo post…
Mi spiego: avevo previsto di pubblicare questa puntata dedicata al ciclo sulla polenta prima di Natale, dedicando questo articolo alla polenta e baccalà alla Vicentina, piatto tipico della cucina veneta. 

Senonchè i miei piani sono stati boicottati dalla carenza di materia prima…impossibile trovare, in supermercati e negozi in Torino e cintura, la materia prima, ossia la polenta bianca!

E sì, perché quando si dice polenta in Veneto non si intende la polenta di farina gialla – che viene consumata, ma come ripiego, nelle più povere zone di montagna - ma polenta di farina bianca, più raffinata e di gusto più delicato, ideale per accompagnare i piatti di pesce.

Secondo la mia amica Laura, di famiglia veneto/friulana, questo dipende dal fatto che tutte le famiglie venete ne fanno incetta prima delle festività natalizie per le cene di famiglia; in effetti la sua sembra essere una teoria plausibile, visto che la pregiata farina è ricomparsa solo ora…

Premetto a priori: mi perdonino gli amici veneti – perché in Veneto Polenta, Baccalà e Ombra (ossia bicchiere) di vino bianco sono venerati come (e forse più) della Trinità, per cui a parlarne si rischia la scomunica per blasfemia… La mia è ovviamente una ricetta veloce e casalinga, che si rifà, ma senza seguirla a quella tradizionale, che per proseliti più o meno integralisti può essere trovata sul sito ufficiale del baccalà alla vicentina  - che vanta tanto di confraternita.

La versione tradizionale prevede l'uso del pregiato stoccafisso Ragno, che viene religiosamente fatto ammorbidire per giorni nell'acqua, nonché battuto, perchè si ammorbidisca per bene.
Si noti che in Veneto - al contrario del resto d'Italia, - lo stoccafisso viene chiamato baccalà.
Qual'è la differenza? Sempre di merluzzo si tratta, ma il baccalà viene conservato sotto sale, lo stoccafisso invece viene essiccato (stockfish, in originale, pare dalla bacchetta - stock - di legno a cui il pesce veniva appeso per essiccare).
E qui veniamo alle origini della ricetta, dovuta in realtà a una serie di sfortunati eventi...

Nel 1432 il capitano della marina veneziana Pietro Querini naufragò sulle coste della Norvegia, più precisamente a Rost, probabilmente la più sperduta delle isole Lofoten...perse la nave, è vero, però portò a Venezia del pregiato stockfish...e ancora adesso, al mercato del pesce di Bergen, molti sono i venditori di baccalà che vengono dall'Italia (che disdetta per me e i miei amici, che nel 2007 ci eravamo andati in cerca di un po' di folklore... e di salmone affumicato alle erbe, che avremmo comprato al supermercato a un prezzo inferiore, come scoprimmo dopo, ovviamente...ma il turista viene malmenato in tutte le parti del mondo, pare). 
La cosa strana è che, mentre in Italia e nel resto d'Europa il merluzzo viene cucinato in varie maniere, tutte molto appetitose, in Norvegia - come ci raccontò il venditore, originario per l'appunto del Veneto -  continuano a farlo bollito...o trasformato in fiskebolle, polpette di pesce un po' insapori (quello che noi diremmo cibo da malati).

Comunque sia i Vicentini - che per il merluzzo avevano già un debole, come dimostra la famosa leggenda dell'assalto del castello di Montebello (anno domini 1269), in cui ai Veronesi che gridavano "Altolà" risposero "Oh che bello, noi portiamo polenta e baccalà" -  (immagino che la polenta non fosse di mais, altrimenti sarebbe un evidente refuso storico) divennero, dalla fine dell'Ottocento, per merito della trattoria "Polenta e baccalà" della signora Vitoria - al secolo Giuseppina Terribile in Bianco - che ne formalizzò e diffuse la ricetta, i depositari della ricetta più famosa di baccalà della cucina veneta.

In questa versione veloce (e leggera) utilizzo del merluzzo fresco o surgelato, partendo dalla considerazione che le modalità di conservazione del pesce, con l'invenzione di frigorifero e surgelatore, dal medioevo, si sono leggermente evolute.
Passare le giornate utilizzando litri e litri d'acqua per ammollare il pesce sarà pure filologicamente corretto, rimane però, oltre che antieconomico, molto poco ecologico; anche utilizzare pesce che ha fatto tanta strada e non con le sue pinne, purtroppo però non esiste il merluzzo a Km 0.

Per un buon inizio di weekend:

2 belle cipolle
3 acciughe sotto sale (o anche sott'olio) pulite e private della lisca
Farina quanto basta per impanare il merluzzo
4 etti di merluzzo fresco o surgelato (vanno bene anche anche cugini tipo il Pollack, per i cultori rimando alla voce merluzzo su Wikipedia) tagliato a pezzi regolari non troppo grandi, diciamo 3X4 cm
1/2 litro di latte
1 spicchio d'aglio
2 cucchiai abbondanti di parmigiano grattugiato
pepe q.b.
olio evo
Prezzemolo tritato
1/2 litro latte

Fate stufare la cipolla, come nella ricetta del Soufflée di Sabrina.
In una padella antiaderente friggete il merluzzo in abbondante olio dopo averlo impanato nella farina; togliete il pesce e nella stessa pentola, senza lavarla, aggiungete il latte, il formaggio, e le acciughe e l'aglio tritati cuocendo a fuoco medio; mescolate il tutto per cinque minuti poi aggiungete il merluzzo e le cipolle, cuocendo a fuoco molto lento e girandolo, ogni tanto,  con delicatezza - non deve sbriciolarsi ma mantenere comunque una sua consistenza. 
Il piatto è pronto quando la salsa raggiunge una consistenza cremosa tipo besciamella (nel caso, assorbisse prima troppo latte, aggiungere ancora in cottura latte o, volendo tenere il piatto più leggero, un po' d'acqua). 
A fine cottura aggiungere il prezzemolo tritato e aggiustare di pepe; niente sale, ci sono già le acciughe.

La salsa raffreddandosi, tende a rassodarsi...niente paura, quando lo scalderete tornerà alla consistenza originale...e sì, perché comunque è un piatto che bisognerebbe preparare con uno o due giorni di anticipo perché, riposando, migliora.
Per i più precisi: lo so che la ricetta originale dice di far bollire il latte a parte, sciogliendoci acciughe, aglio e cipolla; io non lo faccio per motivi ecologici - meglio due sole pentole da lavare che tre - voi fate come credete, ma sappiate che il risultato è lo stesso.
A parte cuocete la polenta bianca seguendo le istruzioni riportate sulla confezione, ricordandovi che la sua consistenza è comunque più morbida di quella gialla; accompagnate con del buon vino veneto bianco fresco.

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