sabato 24 ottobre 2015

La finestra sul giardino

Passata di pomodoro




Ogni anno, quand'ero piccola, nei fine settimana del termine dell'estate e inizio dell'autunno, dalla finestra della mia camera vedevo, nel giardino, i vicini affaccendati nella preparazione della passata di pomodoro.



Attività che in casa mia non aveva luogo, perché noi, valdostani e piemontesi inurbati da oltre mezzo secolo, i pomodori d'inverno preferivamo comprarli pelati o concentrati in lattina o in tubetto, come da invenzione di Francesco Cirio, che proprio a Torino creò la sua industria conserviera; inoltre, negli anni settanta del Novecento, o la passata non era ancora diffusa in commercio - ma la mia memoria  di bambina potrebbe tradirmi - o, comunque, a casa mia non si usava.

La prima volta quindi che assaggiai la famosa passata - e fu, almeno in Piemonte, la prima volta anche per i miei genitori, perché la passata faceva parte, all'epoca di un universo di cibi "meridionali" a noi sconosciuti - fu proprio per merito della signora Maria, originaria di Pescara, madre della signora Enia, che tuttora procede, col marito Carlo, alla preparazione stagionale della passata. 

E se ci si domanda il perché, con il marito, ancora adesso si sobbarchi questo compito, non certo leggero e sicuramente non economico rispetto all'acquisto del prodotto già confezionato, è presto detto: la sicurezza di un prodotto sano e la soddisfazione di mangiare qualcosa di fatto in casa.
E, aggiungerei io, la persistenza gustativa della memoria; perchè mangiare è, comunque un'operazione sia affettiva che culturale. 

Perché il cibo è (anche) memoria
(le dosi sono a piacere, dipende da quanto la famiglia sia numerosa :)

ingredienti
pomodori San Marzano
cipolla, sedano, carota, prezzemolo o basilico, (facoltativi e qb)


Fare bollire, insieme al trito, i pomodori, fino a che non sono cotti (ci vorranno circa tre quarti d'ora).
Passare nel passaverdure, per due o tre volte, fino  che la salsa non abbia espulso tutte le bucce, diventando liscia.
Procedere quindi a imbottigliare la passata, in bottiglie o vasetti sterilizzati facendoli bollire in acqua per circa trenta minuti.
Riempire le bottiglie, aiutandosi con un imbuto, fino a circa due centimetri dal bordo, chiuderle e metterle a bollire in una pentola capiente, coperte di acqua - deve sovrastare le bottigle di circa due, tre cm - e separate tra di loro da pezze di stoffa - andranno bene vecchi strofinacci - in modo che durante la bollitura non battano tra di loro rompendosi.
Lasciare le bottiglie nel pentolone con l'acqua calda fino a che non si sarà raffreddato il tutto, in modo che si crei il sottovuoto (basterà controllare che il centro del tappo sia lievemente rientrato all'interno; in caso contrario, ripetere l'operazioe, usando un altro contenitore o tappo).

Gli aromi sono facoltativi, e sono un'innovazione della signora Ennia; la madre, infatti, la passata la faceva senza, aggiungendoli, una volta aperta la passata, insieme all'olio mentre faceva scaldare il sugo.

All'epoca della mamma i miei vicini, preparando dosi massicce per tutta la famiglia, usavano come recipiente per la bollitura un bidone, (che ora riposa in un angolo del giardino).

Per quanto riguarda i semi, alcuni preferiscono levarli prima, altri aspettano che sia il passaggio nel passaverdure a eliminarli. Con le bucce residuate si può preparare una buona pasta, qui la ricetta.

Un interessante metodo di sterilizzazione mi è stato descritto da una collega, la cui madre, per velocizzare le operazioni, versava direttamente la passata nelle bottiglie poste in un pentolone con l'acqua già a ebollizione, per chiuderle subito dopo.


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