Stralci n.9
"Una signorina potrà accettare di pranzare da un'amica, e rimanerci, anche sola, sotto la custodia della signora di casa. Ma ad un pranzo d'invito non andrà se non accompagnata da una signora.
Pierre-Auguste Renoir, Alla fine della colazione, olio su tela, 1879 (100 x 82 cm), Francoforte, Staedelsches Kunstinstitut
"Una signorina potrà accettare di pranzare da un'amica, e rimanerci, anche sola, sotto la custodia della signora di casa. Ma ad un pranzo d'invito non andrà se non accompagnata da una signora.
Tutto
quanto è bello, grazioso, rasserena lo spirito; e se c'è momento in cui tutti
desideriamo di essere di buon umore, e di veder tutti allegri e contenti, è
quando sediamo a tavola. Per questa ragione io non finirò mai di ammirare l'abitudine
degli Inglesi, che, anche in famiglia, non mancano mai di abbigliarsi per
andare a pranzo. E pure per questa ragione che le abbigliature da pranzo, parlo
dei pranzi d'invito, anche tra noi si usa farle più ardite ed eleganti da
quella da visita e da passeggio. Le signorine dovranno
scegliere fra i loro vestiti della stagione il più fresco e gaio. O, se si
mettono un abito scuro, lo rallegreranno con fiocchi di nastri azzurri, rosei o
rossi o di quel colore che la moda favorisce, in modo da far iscomparire la
severità della tinta. Del resto, non c'è signora nè signorina che non possieda
qualche abito bianco, e quello sta sempre bene ed è sempre elegante.
Non
dovrei supporre che una padrona di casa, dando un pranzo, possa commettere la
sconvenienza di collocare una signorina accanto ad un giovinotto. Ma siccome: "Tutto
è possibile sotto il sole" - ed "Errare humanum est" - ed
"Error non è frode" - ed "Il giusto cade sette volte al
giorno" e mille altri proverbi, che non ripeto (perchè il dirne parecchi è
una inciviltà condannata dai vecchi galatei), potrebbe darsi che una padrona di
casa un po' inesperta cadesse in quell'errore, tanto per dimostrare ancora una volta
che "non tutte le ciambelle riescono col buco."
Per
carità, signorine mie, se codesto accadesse, si guardino bene dal fare la
menoma osservazione e neppure un segno di meraviglia. Sarebbe rivolgere un
rimprovero crudele alla signora che le ha collocate così.
Quando
io era giovane, in temporibus illis, fui invitata ad una sagra di villaggio
in una famiglia di ricchi proprietarii. Dopo il pranzo e le feste del giorno,
si doveva ballare, per cui c'erano invitate molte signorine e molti giovinotti.
Quella buona padrona di casa provinciale, avvezza alla semplice verità della
natura in mezzo alla quale viveva, doveva aver fatto questo ragionamento: ¾ Se fra due ore i giovinotti e le fanciulle che ho invitati
dovranno prendersi per le mani, abbraccíarsi, e circolare appaíati a due a due
come colombelle, non ci può essere una ragione al mondo perchè si scandolezzino
di trovarsi seduti accanto a tavola.
Era
una logica da dar dei punti ad Aristotile.
E
lei agì come avea pensato, e collocò a tavola ogni signorina accanto ad un
giovinotto.
Tutte
fecero "a mauvais jeu bonne mine", e molte mi confessarono che
non l'avevano trovato un troppo mauvais jeu. Ma una, una sola, una
signorina di villaggio, che era uscita per l'appunto di collegio, cominciò a
guardarsi intorno
impaurita, come se i due che aveva ai lati fossero due leoni pronti a farla a
brani, o due Don Giovanni venuti là per rapirla.
Uno,
che non era punto Don Giovanni, ed ancora meno lion, si sentì tutto
confuso, si fece rosso, e tirò in là la sedia, come se temesse di sporcare
quella signorina; ma l'altro fece le viste di nulla, le offrì da bere, e tutti
i piccoli servigi che un uomo non manca mai di offrire ad una vicina di tavola.
Bisognava
vedere l'aria diffidente e l'esagerazione di riserbo di cui s'armò quella
poveretta! Parlava a monosillabi. Rifiutava tutto, era tutta sulle difese,
pareva che fino i fiocchi del suo vestito appuntassero le nocche ed i
capi come armi difensive. Il suo babbo, dall'altro lato della tavola, fremeva, Finalmente, vedendo che era giunta al
dessert respingendo ogni piatto, e stava per rifiutare le frutta che il
suo vicino le porgeva, le gridò:
¾ Via, accetta una volta! Non è veleno.
¾ Ah! era di questo che aveva paura, signorina? ed io che
mi lusingavo che avesse paura di me! le disse il suo vicino.
La
lezione era meritata.
È
appunto in tali circostanze eccezionali, che una signorina può mostrare di
sapersi condurre dignitosamente senza darsi quell'aria di noli me tangere, che
la rende antipatica, e senza incoraggiare una confidenza sconveniente.
Altre
volte era di rigore che le signorine mangiassero pochissimo, e non bevessero
vino affatto. Per cui riuscivano commensali punto piacevoli.
In
qualunque modo si volesse interpretarla, quella continenza cenobitica, era una
sciocchezza. Le fanciulle intendevano con quel mezzo di atteggiarsi ad un sentimentalismo
ideale, non d'altro nudrito che di poesia e di sogni. Era un'idea da précieuses
ridicules. Le mamme incoraggiavano quella manìa, ed all'occorrenza l'imponevano,
volendo con quel mezzo dire ai giovinotti:
¾ Vedano come mangia pochino la mia figliola. E non beve punto.
La sposino, via. Non costa nulla a mantenerla.
Era
un calcolo da Arpagone.
Ora,
se Dio vuole, il sentimentalismo è passato di moda. E, non fosse che per
quest'unica riforma, benedetto il realismo! Le giovinette sono tornate ad esser
loro stesse, col loro appetito giovanile: ed a tavola lavorano coi loro dentini,
che è una benedizione, un'allegrezza guardarle.
Se
qualcuna delle mie lettrici era rimasta in arretrato, ora lo sa. La civiltà
vieta soltanto di trasmodare. Ma vieta altrettanto severamente di rifiutare
ogni cosa, di mangiare a fior di labbra, di lasciare la roba nel piatto, di
rifuggire dai vini, quasi si volesse dire ai padroni di casa: -
Io non so che farmene di tutto questo. Il vostro pranzo mi mette la nausea.
Quando
si è a questi estremi bisogna non accettar l'invito. Se sapessero come è bella
e come piace la gioventù robusta, e francamente allegra, che Dio la benedica!
Se
la padrona di casa fa posare dal servitore il vassoio del caffè, dopo che i
convitati sono passati in sala, ed offre lei stessa le tazze, le signorine
debbono subito accorrere ad aiutarla. Dovranno però servire soltanto le signore
ed i vecchi. Una signorina non porge mai la tazza ad un giovine, a meno che sia
suo fratello. Ed ancora ha l'aria d'uno scherzo.
Dopo
aver assistito ad un pranzo, una signorina è tenuta ad accompagnare la madre
nella visita che rende, entro gli otto giorni, alla famiglia da cui ebbe
l'invito: e dovrà anche lei lodare la compagnia che vi ha trovata, la disposizione
della tavola, i fiori, l'allegrezza che si è goduta, infine quel che c'era da
lodare.... ed anche un pochino quel che non c'era." In: Marchesa Colombi (Maria Antonietta Torriani), La gente perbene, cap. I parte II, pagg. 30-32, Libr. Edit. Galli di C. Chiesa & F. Guindani., Milano, 1877.
http://www.liberliber.it/libri/m/marchesa_colombi/index.php
2 commenti:
Molto interessante, bello conoscere questi racconti!!
Grazie. Sì l'ho trovato interessante, e bello da condividere...
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